Keyword: cosa sono, a cosa servono e come usarle al meglio

keyword di google

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Keyword è una parola che ricorre spesso nel digital marketing. La usi quasi senza pensarci: nei brief, quando fai una ricerca SEO, mentre scrivi contenuti o analizzi un sito. Eppure, dietro questo termine apparentemente semplice si muove un intero sistema di ragionamenti, strumenti e decisioni che influenzano progetti editoriali, campagne di marketing e contenuti pubblicitari.

Negli anni le keyword hanno perso la connotazione rigida di “parola da infilare nei testi per posizionarsi” e hanno assunto un ruolo più sofisticato: orientano il significato di una pagina, aiutano i motori di ricerca a interpretare i contenuti, permettono di costruire una mappa semantica chiara su cui far emergere la tua offerta. Capire cosa significa oggi “keyword” – al di là delle definizioni rapide – ti permette di scegliere in modo più consapevole le parole che usi (o eviti) in funzione dell’intento dell’utente, dell’architettura del tuo sito e degli obiettivi di comunicazione che vuoi raggiungere. È un tassello che incide sulla visibilità, ma anche sulla coerenza e l’efficacia dei tuoi contenuti.

In questa guida analizziamo il significato aggiornato del termine, distinguendolo da concetti simili come “query”, vediamo come si usano le keyword nel 2025, quali errori evitare, e soprattutto quali criteri seguire per integrarle in una strategia digitale realmente utile.

Che cos’è una keyword: significato e definizione attuale

Nel contesto del digital marketing e della SEO, si parla spesso di keyword o parola chiave. È un termine che definisce in modo sintetico l’elemento linguistico associabile a un’area tematica ricercata nei motori di ricerca. In altri termini, una keyword è la parola (o la combinazione di parole) che aiuta a descrivere il contenuto di una pagina, mettendolo in relazione con ciò che un’utente potrebbe cercare online.

In ottica operativa, una keyword svolge una funzione orientativa: stabilisce un legame tra il bisogno espresso in forma testuale (tramite una ricerca) e il contenuto che può soddisfarlo. È una sorta di nodo semantico, che connette intenzione, contesto e informazione. Ma per comprenderne a fondo il significato è utile distinguere tra due livelli: quello tecnico (in relazione a motori di ricerca e strumenti) e quello progettuale (in relazione alla comunicazione e ai contenuti).

Dal punto di vista tecnico, la keyword viene utilizzata da tool SEO, algoritmi e sistemi pubblicitari per associare determinati contenuti alle ricerche effettuate dagli utenti. Non è più – come in passato – un semplice identificatore ripetuto nei testi, ma una variabile analizzata nel suo contesto, interpretata in base a correlazioni, sinonimi, co-occorrenze e segnali di rilevanza semantica.

Dal punto di vista comunicativo, invece, la keyword funziona come tratto distintivo di un contenuto tematicamente coerente. Serve a posizionare quel contenuto rispetto alle domande che le persone formulano, a chiarirne l’argomento per chi lo trova, a organizzare in modo più navigabile un sito o un piano editoriale.

Quando si parla di keyword, va inoltre sottolineato un aspetto importante: il termine non identifica necessariamente una singola parola. Si può trattare anche di un’espressione composta, a cui si dà il nome di keyphrase. La differenza operativa è limitata, ma concettualmente utile per comprendere l’evoluzione dell’approccio: oggi, la maggior parte delle keyword più utili e mirate sono strutturate su più parole, proprio perché riflettono meglio l’intento reale di ricerca, la specificità di un’informazione o di un bisogno.

Le keyword continuano a essere uno strumento che facilita l’indicizzazione, ma il loro valore strategico attuale va oltre la meccanica: sono elementi progettuali, che contribuiscono alla rilevanza tematica di un contenuto, e ne influenzano l’organizzazione a livello lessicale, semantico e strutturale.

Keyword e query: le differenze da chiarire

Uno degli equivoci più comuni è l’utilizzo indistinto dei termini keyword e query. Pur appartenendo allo stesso ambito concettuale, non sono sinonimi e rappresentano due elementi distinti nel processo di ricerca online.

Una keyword è il termine su cui si vuole posizionare un contenuto. È selezionata intenzionalmente da chi progetta una pagina, un articolo o una campagna, e ha una funzione tattica o strategica. La keyword è, quindi, un punto di riferimento per la produzione e l’ottimizzazione dei contenuti.

La query, invece, è la forma concreta che una persona digita nel motore di ricerca. Non è predefinita, non è standardizzata, e può includere errori, forme colloquiali, domande, frasi lunghe o strutture ambigue. È l’espressione reale di un bisogno informativo.

In breve: la keyword orienta l’offerta, la query riflette la domanda. Le keyword sono scelte da chi pubblica, le query sono generate da chi cerca. Entrambe sono centrali, ma si collocano su due lati opposti della stessa interazione.

Per esempio, la query “qual è il miglior smartphone business sotto i 500 euro?” potrebbe connettersi – tramite l’analisi semantica e l’intento – a contenuti ottimizzati su keyword come “miglior smartphone economico per aziende”, “telefoni business fascia media”, “smartphone professionali economici”. La keyword rappresenta quindi un punto di mediazione tra l’intento raccolto da una query e la risposta contenuta nella pagina.

Comprendere la differenza è utile per due motivi. Primo: aiuta a interpretare meglio i dati forniti dai tool SEO, che spesso presentano keyword e query accostate. Secondo: permette di progettare contenuti non solo posizionati su singoli termini, ma anche capaci di intercettare ricerche reali grazie alla coerenza tra linguaggio e intenzione.

Perché le parole chiave sono ancora centrali nel digital marketing

Nel panorama odierno, dominato da algoritmi avanzati e modelli di linguaggio sempre più evoluti, si potrebbe pensare che le keyword abbiano perso la loro rilevanza. In realtà, il loro ruolo è cambiato, non si è ridotto. Oggi, le parole chiave non servono tanto a segnalare una corrispondenza esatta quanto a costruire un terreno comune tra chi cerca e chi pubblica contenuti. Funzionano come segnali semantici: aiutano i motori di ricerca a contestualizzare una pagina, le persone a trovarla e chi la crea a progettarla con maggiore intenzionalità.

In ottica SEO, le keyword offrono ancora un riferimento utile per organizzare la struttura dei contenuti, le gerarchie informative e il modo in cui le pagine vengono collegate tra loro. Non si tratta più di ripetere un termine per “forzare” il posizionamento, ma di utilizzare parole rilevanti, coerenti con il tema trattato e allineate con ciò che l’utente si aspetta di trovare. Una keyword ben selezionata, integrata con naturalezza nel testo, contribuisce a migliorare la leggibilità (da parte degli algoritmi e delle persone) e a posizionare il contenuto nel giusto contesto tematico.

Nel content marketing, le keyword rappresentano un punto di partenza per strutturare articoli, pagine di prodotto, contenuti educativi, pillar page o architetture di navigazione. Permettono di allineare ciò che viene pubblicato con le domande reali del pubblico, offrendo contenuti utili in grado di intercettare attenzione e rafforzare la credibilità del brand.

Anche nelle attività di performance advertising le parole chiave mantengono un ruolo strategico. Non si limitano a regolare la visibilità degli annunci tramite sistemi d’asta (come accade su Google Ads o Amazon), ma influenzano direttamente la qualità del traffico, i tassi di conversione, il costo per clic e il rendimento complessivo delle campagne. Una keyword generica può generare molti clic non qualificati. Una keyword specifica, anche con volumi inferiori, può portare utenti più vicini all’azione desiderata.

Usare con consapevolezza le parole chiave significa quindi lavorare sulla visibilità, ma anche – e soprattutto – sull’intenzionalità. Per questo motivo continuano a essere centrali in tutte le fasi del marketing digitale: dalla progettazione SEO alla scrittura, dalla distribuzione dei contenuti alla pubblicità.

Dal significato all’intento: come le keyword riflettono il bisogno dell’utente

Ogni parola scelta da chi fa una ricerca comunica qualcosa, anche quando non sembra. Le keyword non si limitano a descrivere cosa sta cercando l’utente, ma permettono spesso di intuire anche il perché lo stia facendo. Ed è proprio su questo che si gioca una parte importante della strategia digitale.

Analizzare le keyword in chiave semantica aiuta a cogliere sfumature, urgenze, livello di consapevolezza o momento del percorso decisionale in cui si trova una persona. Chi scrive “scarpe running recensioni” è ancora in fase esplorativa; chi digita “sconto scarpe running Asics Gel” ha già un’intenzione più chiara e orientata all’azione. In entrambi i casi, la keyword esplicita un bisogno, che può poi essere inquadrato meglio attraverso l’analisi dell’intento di ricerca.

L’intento che sta dietro a una keyword viene comunemente suddiviso in tre grandi categorie operative:

  • Informativo – L’utente sta cercando informazioni, spiegazioni, definizioni. Ad esempio: “come allenarsi per la maratona”, “cos’è l’ipoteca”, “tipi di energia rinnovabile”. I contenuti adatti sono articoli, guide, FAQ.
  • Navigazionale – L’utente vuole raggiungere un sito specifico o un contenuto che ha già in mente. Digita il nome del brand, del prodotto o della piattaforma. Esempio: “Nike sito ufficiale”, “login INPS”, “corriere tracciamento”.
  • Transazionale – Si manifesta un intento d’azione, come acquistare, iscriversi, prenotare. Chi cerca “offerta voli Milano Barcellona” o “abbonamento palestra Roma prezzi” è vicino al momento della conversione.

Molte keyword, soprattutto quelle più articolate, possono combinare aspetti di più intenzioni o cambiare interpretazione in base al contesto. Ma comprendere l’intento prevalente consente di costruire contenuti e landing page più coerenti, offrendo una risposta che va oltre la parola cercata e risponde al bisogno sottostante.

In breve, le keyword non servono (solo) per farsi trovare: servono per capire, progettare, e raccordare in modo efficace ciò che viene cercato con ciò che viene offerto.

Dove si usano le keyword e con quale funzione

Le keyword non appartengono esclusivamente al mondo della SEO: vengono utilizzate in modo strategico in tutti i principali canali digitali, ovunque sia necessario strutturare e indirizzare un contenuto in base a ciò che le persone cercano, scrivono o intendono trovare.

Il loro ruolo varia da canale a canale, ma in ogni contesto agiscono come segnali semantici attivi: permettono di aggregare contenuti coerenti, orientare la visibilità, segmentare l’audience e aumentare l’efficacia comunicativa.

Nella SEO organica, le parole chiave servono a indirizzare la scrittura e l’ottimizzazione dei contenuti affinché rispondano con precisione a determinate intenzioni di ricerca. Questo non significa forzare la presenza di una parola in ogni paragrafo, ma saperla utilizzare nel suo contesto semantico più utile. Una keyword, in questo caso, aiuta i motori di ricerca a “classificare” la pagina: a decidere per quali ricerche è rilevante e per quale tipo di pubblico può essere proposta nei risultati.

Nel PPC e nelle piattaforme pubblicitarie (come Google Ads, Amazon Ads o Meta), le keyword entrano nel meccanismo dell’asta o nel targeting contestuale. Si definiscono segmenti, intensità di intento, valori di costo per clic. Si selezionano parole da escludere, si individuano sinonimi e corrispondenze ampie o esatte. In questo ambito, la strategia legata alla parola chiave riguarda tanto la visibilità quanto l’efficienza economica: è una questione di precisione e di controllo.

Nelle architetture informative, le keyword contribuiscono a strutturare categorie, tag, menu, URL e link interni. Sono uno strumento organizzativo fondamentale, perché delineano la mappa semantica dell’intero progetto. La scelta delle parole chiave in questa fase non incide solo sul posizionamento, ma sulla comprensibilità e facilità d’uso del sito per chi naviga.

Anche nelle schede prodotto le keyword svolgono una funzione doppia: aiutano gli utenti a comprendere immediatamente la proposta (per cosa serve quel prodotto, a chi si rivolge, in che ambito si inserisce) e supportano i motori nella fase di indicizzazione. Non si tratta solo di titolo e descrizione, ma anche del modo in cui vengono scritti i punti elenco, le caratteristiche tecniche, le evidenze commerciali.

Nelle creatività ADV, infine, le keyword non sono sempre visibili, ma quasi sempre implicite. Quando si scrive un copy per un’inserzione, chi si occupa della comunicazione parte da una keyword per capire cosa evidenziare, quali argomenti inserire nella headline e quali parole usare per generare riconoscibilità.

L’utilizzo delle keyword si estende anche a contgesti che non rientrano strettamente nel web search. Su Amazon, ad esempio, le parole chiave guidano sia il posizionamento che la visibilità interna tra le categorie. Su Instagram o TikTok assumono spesso la forma di hashtag, ma svolgono comunque la funzione di aggregatori semantici: collegano contenuti diversi ma correlati, creando relazioni intorno a temi, prodotti, momenti.

Nell’email marketing, pur essendo meno visibili, le keyword influenzano oggetto, intestazioni e microcopy dei pulsanti. Nella UX writing, determinano la chiarezza e la coerenza tra contenuti, funzioni e aspettative.

SEO on-page: come le keyword guidano i motori di ricerca

Come detto, nella SEO il concetto di “keyword” continua ad avere una funzione specifica: orienta i motori di ricerca nella comprensione del contenuto e nell’assegnazione di una “categoria tematica”. Per raggiungere questo obiettivo non basta utilizzare la parola o la keyphrase principale in modo generico, ma conta anche il modo in cui è integrata nei punti strategici della pagina e la coerenza con il linguaggio circostante.

Le aree più rilevanti per la distribuzione delle keyword in chiave on-page sono alcune sezioni strutturali della pagina: il titolo HTML (title tag), il titolo visibile (H1), i sottotitoli (H2, H3…), la meta description, l’URL, gli attributi alternativi delle immagini (alt tag) e il corpo del contenuto. In questi spazi, una keyword ben integrata contribuisce ad aumentare la chiarezza tematica della pagina, migliorando così sia la leggibilità SEO sia l’esperienza dell’utente.

L’anchor text dei link interni svolge un’altra funzione fondamentale: comunica a Google (e alle persone) il tipo di contenuto che si troverà cliccando sul collegamento. Utilizzare ancore descrittive e semanticamente collegate ai contenuti di destinazione migliora la struttura interna del sito e ne rinforza la coerenza.

Molto discusso è il concetto di keyword density, che in passato veniva utilizzato per misurare la percentuale di occorrenza di una parola chiave rispetto al totale del testo. Oggi questo parametro ha perso ogni valore a sé stante: non esiste una soglia utile o una formula ottimale. I motori lavorano sulla combinazione di segnali semantici, frequenza relativa, contesto e varietà lessicale, e l’attenzione si è spostata verso l’identificazione delle entità correlate, le co-occorrenze significative e la qualità del contenuto nel suo complesso.

Utilizzare una keyword in tutti i punti ritenuti “strategici” non è più sufficiente (né raccomandabile) per ottenere risultati. Serve scrivere in modo naturale, mantenendo consistenza tra titolo, testo e aspettative dell’utente, e utilizzando sinonimi, termini correlati e variazioni compatibili con il tema centrale.

Dove inserire correttamente le keyword nei contenuti

Ricapitolando con uno specchietto immediato, usare correttamente le keyword nella pratica quotidiana significa distribuirle nei punti in cui svolgono una funzione reale, evitando accumuli superflui o ripetizioni meccaniche.

  • Titoli principali (H1) – Devono contenere la keyword con naturalezza e chiarezza. È il primo elemento che l’utente e il motore leggono per comprendere il focus della pagina.
  • Sottotitoli (H2, H3) – Consentono di segmentare il contenuto e marcare i sotto-temi. Utilizzare qui varianti o keyword secondarie aiuta a rinforzare la struttura semantica.
  • Testo – L’inserimento deve apparire fluido. La keyword deve integrarsi in frasi sensate, in grado di fornire contesto e valore all’informazione.
  • URL – Una URL leggibile e coerente, che includa la keyword principale (o una sua forma compatta), migliora comprensibilità e tracciabilità.
  • Slug – Deve riflettere il contenuto, restando conciso. Può includere la keyword se contribuisce alla chiarezza.
  • Meta description – Anche se non influisce direttamente sul posizionamento, una descrizione ben scritta e contenente la keyword può migliorare la pertinenza percepita e aumentare il CTR.
  • Alt text delle immagini – Serve a descrivere il contenuto visivo per i lettori non vedenti e per Google: inserire qui una keyword solo se è davvero descrittiva dell’immagine.

Sovraottimizzare significa riempire il contenuto o le aree tecniche della pagina con keyword ripetute inutilmente, creando frasi innaturali o ridondanti. Questa pratica non solo non produce vantaggi reali, ma può rendere i contenuti meno leggibili e, in alcuni casi, compromettere il posizionamento.

Evitare il cosiddetto keyword stuffing richiede equilibrio: è utile monitorare l’uso dei termini principali, ma ancora più importante è garantire varietà e focalizzazione tematica. La scrittura deve risultare fluida, credibile, pensata per essere letta da persone reali prima ancora che da un sistema di scansione.

Come valutare una keyword prima di usarla

Una keyword non si sceglie solo perché “suona bene”, ricorre spesso nei discorsi quotidiani o sembra interessante per il brand. Prima di usarla – in un articolo, in un category, in una campagna adv – serve un’analisi che chiarisca almeno tre cose fondamentali: quanto viene cercata, quanto è difficile posizionarsi su di essa, quanto è coerente con gli obiettivi strategici del sito o del contenuto.

La metrica più visibile – e spesso sopravvalutata – è il volume di ricerca: indica quante volte, in media, quella keyword viene cercata in un determinato periodo (spesso al mese). Un numero alto suggerisce forte domanda, ma è solo un primo indicatore. In alcuni casi, i termini molto cercati sono anche i meno utili: generici, competitivi, vaghi o con un’intenzione di ricerca che non combacia con quello che stai offrendo.

Oltre al volume, conta la keyword difficulty: una stima fatta da vari SEO tool di quanto può essere complesso ottenere una buona visibilità per quella keyword nei risultati organici. Questa difficoltà dipende dalla forza dei competitor già posizionati, dalla reputazione dei loro siti, dalla qualità e profondità dei contenuti che affrontano lo stesso tema. Più il mercato su quella keyword è affollato (e più i tuoi concorrenti sono solidi), maggiore sarà lo sforzo richiesto per guadagnare spazio in SERP.

Un’altra variabile è la competitività pubblicitaria, cioè quanto è contesa la keyword nei contesti PPC (come Google Ads). Questa informazione è cruciale se stai valutando se inserirla all’interno di una campagna sponsorizzata: keyword con alto CPC possono portare traffico più motivato, ma a costi molto diversi.

Al di là delle metriche numeriche, è utile valutare alcune caratteristiche qualitative:

  • Quanto è lunga la keyword? Le keyword brevi sono spesso generiche e ad alta ambiguità, mentre le long-tail (più lunghe e specifiche) tendono a intercettare richieste più chiare e utenti più vicini all’azione.
  • Quanto è chiara per chi la legge? Le keyword complesse, tecniche o poco colloquiali possono escludere porzioni di pubblico, mentre quelle troppo semplici rischiano di generare equivoci.
  • Quanto è allineata con le finalità del tuo contenuto? Una keyword può avere ottimi numeri ma alludere a un bisogno diverso da quello che il tuo contenuto soddisfa.

Tutte queste valutazioni vanno fatte con uno sguardo doppio: SEO e pubblicitario.

Per la SEO, ti interessa sapere se puoi ottenere visibilità in modo sostenibile e realistico, senza confrontarti con keyword eccessivamente presidiate. Per l’advertising, cerchi un equilibrio tra costo e ritorno, sapendo che anche una keyword costosa può essere efficace se la conversione è alta.

In entrambi i casi, la parola chiave diventa una leva utile solo se è pertinente, posizionabile e misurabile: non bastano i numeri, servono l’intenzione giusta e il contesto più adatto.

Qualità semantica e rilevanza: oltre la metrica numerica

I dati servono, ma da soli non dicono abbastanza.

Una keyword che mostra un volume di ricerca alto e una difficulty accettabile potrebbe comunque non essere interessante se il suo significato è ambiguo, troppo generico o fuori fuoco rispetto al tuo contenuto. Per questo, oltre ai numeri, vale la pena considerare la sua rilevanza semantica.

Non ti intimorire, basta partire da queste domande pratiche:

  • La keyword è contestualizzata rispetto al contenuto che hai già?
  • Ci sono sinonimi o varianti che usano le stesse persone a cui ti rivolgi?
  • La tua offerta è coerente con ciò che viene normalmente associato a quel termine (nel linguaggio comune, nei contenuti già presenti in SERP, nei comportamenti di ricerca)?

In molti casi, ti conviene anche osservare la frequenza della keyword nel parlato: alcune parole sono tecnicamente corrette ma poco usate dalle persone reali. Altre mostrano una tenuta forte nel tempo proprio perché rientrano nelle abitudini linguistiche quotidiane. Le keyword che si avvicinano al linguaggio effettivo del tuo pubblico sono anche quelle che funzionano meglio nei contenuti: danno coerenza, naturalezza e maggiore probabilità di risposta.

L’ultimo parametro da tenere a mente riguarda l’attinenza con gli obiettivi del sito o della pagina. Se vuoi posizionarti per attrarre persone in cerca di informazioni, la keyword deve riflettere un’esigenza di apprendimento. Se, invece, il contenuto è pensato per suggerire un’azione concreta (acquisto, prenotazione, richiesta), serve una keyword che implichi già un’intenzione compatibile. Anche in assenza di numeri eclatanti, una parola chiave che incrocia il messaggio giusto con l’obiettivo giusto è spesso quella più efficace.

Dal dato all’azione: come usare le keyword in un piano SEO

Trovare una keyword utile è un punto di partenza. Ma per trasformarla in visibilità, clic e risultati serve inserirla in una struttura coerente: un contenuto pensato per rispondere a quell’intento, una pagina in grado di competere con quelle già presenti, una gerarchia che tenga insieme SEO tecnica, contenuto e architettura informativa.

L’utilizzo delle parole chiave non può essere affidato a scelte isolate. Va coordinato rispetto a tre elementi specifici:

  • Il contenuto: non basta “inserire” keyword, bisogna costruire informazioni credibili, pertinenti e coerenti rispetto a quel termine e alla sua semantica.
  • La struttura del sito: ogni sezione dovrebbe coprire un argomento ben definito, con una keyword “madre” e contenuti secondari che ne esplorano varianti, sotto-temi, obiettivi specifici.
  • Gli obiettivi: non tutte le pagine devono catturare traffico. Alcune devono convertire, altre spiegare, altre guidare la navigazione. La scelta della keyword deve tener conto di cosa vuoi ottenere da quel contenuto.

Un nuovo approccio sempre più adottato in chiave SEO è quello dei topic cluster: si parte da un tema centrale – espresso da una keyword principale – e si sviluppano attorno a esso contenuti collegati, ognuno con una keyword secondaria focalizzata su aspetti specifici del tema. La pagina madre prende il nome di pillar page, mentre le connesse sono chiamate cluster content, e Tutte vengono collegate tra loro con una logica interna, per aiutare chi legge e dare a Google una mappa chiara del significato e della copertura semantica di quel sito.

Questa organizzazione permette di intercettare diversi intenti lungo lo stesso argomento, aumentando contemporaneamente l’autorevolezza percepita del sito (sia dagli utenti che dai motori). È un modello efficace non solo per il blog, ma anche per le schede prodotto, le guide tematiche e le sezioni istituzionali di un sito ben strutturato.

Un altro ambito in cui la keyword contribuisce a una progettazione mirata è quello della normalizzazione tra contenuti editoriali e pagine transazionali. Queste due tipologie rispondono a esigenze diverse e vanno trattate in modo complementare:

  • I contenuti editoriali servono a informare, orientare, portare traffico qualificato. Si basano su keyword a intento informativo e su un tono più discorsivo.
  • Le pagine transazionali sono progettate per guidare all’azione. Usano keyword più specifiche, legate all’offerta reale (prodotti, soluzioni, preventivi, iscrizione).

Un buon piano SEO alterna e armonizza questi due livelli, costruendo percorsi naturali dove chi entra da una keyword informativa può passare (se lo desidera) a un contenuto più operativo.

Keyword e strategia SEO: come costruire un’architettura efficace

Gestire bene una keyword non significa usarla ovunque, ma posizionarla nel posto giusto, nel tipo di contenuto adatto e all’interno di una struttura che favorisca la navigazione e la comprensione.
Per farlo, conviene partire da un principio chiaro: la SEO non è solo questione di singole pagine, ma di come quelle pagine si combinano tra loro a partire da macro-temi coerenti.

Il primo passaggio consiste nell’organizzare i contenuti in base a temi principali e sotto-temi. Serve individuare gli argomenti che vuoi presidiare con continuità e coerenza, associando a ciascuno una keyword madre che sintetizza il nucleo intorno a cui si sviluppano tutte le declinazioni informative che il pubblico potrebbe cercare. Sotto ogni tema rientrano poi contenuti verticali ottimizzati su keyword correlate, varianti long-tail o formulazioni più specifiche. Ogni parte ha una funzione precisa nella costruzione del percorso informativo.

Da qui nasce la necessità di chiarire la gerarchizzazione tra keyword principali e secondarie. Le principali corrispondono solitamente ai grandi temi del tuo sito o della tua attività: sono keyword più competitive, magari più generiche, ma che rappresentano anche quello che vuoi essere—o apparire—sul web.

Le secondarie hanno due compiti:

  • Sostenere la parola chiave principale ampliando copertura e rilevanza tematica;
  • Portare traffico supplementare concentrandosi su sfumature, usi specifici, obiettivi concreti.

L’obiettivo non è replicare keyword da pagina a pagina, ma assegnare a ogni URL un ruolo unico all’interno dell’ecosistema SEO. Questo aiuta i motori a identificare con maggiore precisione i contenuti più validi su un dato argomento e, al tempo stesso, evita la concorrenza interna tra più pagine simili (la cosiddetta cannibalizzazione).

Inserire una keyword come un mattoncino all’interno di un’architettura più ampia fa tutta la differenza tra un sito che si disperde in troppe direzioni e un progetto che costruisce autorevolezza intorno a ciò che sa fare meglio.

Errori comuni da evitare nella gestione delle keyword

Anche quando la keyword è ben scelta e pertinente, può diventare inefficace – o addirittura dannosa – se non la gestisci con attenzione. Diversi errori ancora molto diffusi portano a contenuti indigesti, pagine che non si posizionano e strategie che sprecano tempo e budget. Individuarli in anticipo ti permette di evitarli e costruire una base più solida per il lavoro SEO.

Il primo e più noto è il keyword stuffing: ripetere la stessa parola chiave decine di volte in un testo, spesso in punti senza reale pertinenza, con l’idea di ottenere migliori risultati. È un approccio superato e spesso controproducente: Google è perfettamente in grado di identificare sovraottimizzazioni e contenuti inutilmente ridondanti. Senza contare che la leggibilità peggiora e l’esperienza per chi legge ne risente in modo evidente.

Un altro errore ricorrente nasce da obiettivi troppo ampi. Cercare di posizionarsi per parole generiche, ad alta concorrenza e con significato poco specifico, spesso porta a produrre contenuti dispersivi, privi di focalizzazione. Sai come si chiamano queste parole chiave? Vanity keyword, perché sono più legate all’ego che alla strategia: vale a dire, posizionarsi per una vanity keyword può far “bella figura” agli occhi di un cliente o del mercato, ma nella sostanza ha un impatto limitato sul rendimento reale del sito, se non è accompagnato da targeting più ragionato.

È quindi più utile scegliere meno keyword ma più mirate, in grado di riflettere esigenze chiare, problemi concreti o domande specifiche.

Nella stessa direzione, ignorare il search intent rende molte keyword inutili. Se una parola chiave viene interpretata come navigazionale, ma viene legata a un contenuto informativo, o viceversa, la coerenza si spezza. Anche quando non affronti direttamente il tema “intento di ricerca”, devi sempre chiederti: chi cerca questa keyword, cosa si aspetta di trovare?

Un’altra zona grigia riguarda la mancanza di segmentazione: usare le stesse keyword indipendentemente da lingua, mercato o pubblico di riferimento. Una keyword efficace in italiano potrebbe non tradursi meccanicamente in altre lingue, ma anche all’interno della stessa lingua la variazione regionale, settoriale o persino generazionale può cambiare il lessico e l’efficacia comunicativa.

Infine, è utile tenere in considerazione un rischio più sottile: affidarsi troppo ai tool. Anche i migliori strumenti hanno margini di approssimazione e si limitano a dati storici. Se selezioni una keyword solo perché “ha volume” o “sembra interessante” in base a una tabella, senza verificarne l’uso reale, potresti investire su qualcosa che non corrisponde al comportamento effettivo degli utenti – o che è già presidiano da siti irraggiungibili per la tua realtà.

Un buon uso delle keyword richiede strumenti, sì, ma anche osservazione, giudizio e elasticità.

Miti da sfatare sulle keyword

Nel tempo si sono consolidate piccole leggende attorno all’uso delle keyword. Alcune di queste portano a errori ripetuti, altre alimentano aspettative scorrette su come funziona davvero la visibilità online. È fondamentale riconoscerle per evitarle in fase di pianificazione e analisi strategica.

 

  1. “Le keyword non servono più”.

Con l’arrivo dell’AI, dei modelli semantici e degli algoritmi contestuali, si è diffusa l’idea che la keyword sia un concetto superato. La verità è che ha cambiato funzione: non è più un meccanismo di posizionamento diretto, ma un riferimento per la costruzione del significato. Anche se le regole del gioco sono meno meccaniche, la scelta della parola giusta rimane decisiva per orientare contenuti ed esperienze.

 

  1. “Devo trovare quella keyword perfetta”.

Non esiste la parola magica. Né in ottica SEO né in chiave performance. Ogni keyword vive in un contesto fatto di intenti, concorrenza, qualità del contenuto e struttura del sito. Concentrarsi su una singola parola chiave nella speranza che generi traffico e conversioni da sola è un’illusione. È più utile lavorare su insiemi coerenti di keyword, integrate tra loro in un sistema tematico.

 

  1. “Più ripeto una keyword, meglio mi posiziono”.

Ripetere la stessa parola chiave 15 o 20 volte non migliora il posizionamento. Anzi: può danneggiarlo. Soprattutto, rende il testo meno credibile, pesante da leggere, artificiale. Google privilegia contenuti scritti con naturalezza, informativi e chiari. La keyword è un ancoraggio semantico, non un segnale numerico. La varietà lessicale e la precisione sono molto più efficaci della reiterazione rigida.

Smontare questi miti ti aiuta a muoverti con maggiore consapevolezza, senza cadere nei meccanismi di “ottimizzazione fine a sé stessa” che non portano nessun valore reale.

Keyword in evoluzione: contesto attuale e linguaggio naturale

Negli ultimi anni il modo in cui i motori di ricerca interpretano le keyword è cambiato radicalmente. Sempre meno legato alla corrispondenza esatta tra parole e sempre più orientato alla comprensione del significato, l’algoritmo ha iniziato a ragionare secondo logiche semantiche, avvalendosi di reti neurali, modelli linguistici e meccanismi predittivi basati sul contesto.

Con l’introduzione di modelli come BERT (e i successivi aggiornamenti basati su sistemi ancora più avanzati di Natural Language Processing), Google è passato dalla semplice “lettura” delle parole alla comprensione delle relazioni tra le parole. Non si limita più a individuare keyword identiche a quelle usate nella query, ma cerca combinazioni di termini che esprimano lo stesso intento, lo stesso livello di informazione, la stessa relazione semantica.

Il risultato? La keyword secca – una parola isolata, ripetuta meccanicamente – è diventata un segnale debole, spesso inutile. Più importante è il contesto: la frase completa, le associazioni tra concetti, i sinonimi e le varianti compatibili con ciò che l’utente intende trovare.

Non è solo una rivoluzione tecnica. È una trasformazione di paradigma: dai motori che “leggono” titoli ai motori che “interpretano” l’insieme.

Chi progetta contenuti deve adeguarsi a questo salto qualitativo.

Significa usare le keyword integrandole in frasi naturali, produrre testi comprensibili prima di tutto per le persone, scegliere variazioni linguistiche ragionevoli invece di tabelle ripetitive. La keyword oggi è un punto d’entrata nel significato, non un codice da replicare.

Le keyword come parole chiave sociali

Se guardi il linguaggio come uno specchio dei cambiamenti culturali, le keyword non sono solo strumenti di marketing: sono anche indicatori del modo in cui le persone parlano, cercano e attribuiscono significato alle cose.

Il Keyword Project – uno studio collettivo ispirato ai lavori di Raymond Williams – ha proposto una lettura alternativa di parole apparentemente tecniche, dimostrando come termini come “libertà”, “mercato”, “cultura”…  e anche “keyword” abbiano assunto nel tempo significati diversi, ambigui, perfino contrapposti.

Non esiste una parola “pura”: ogni keyword è il risultato di un contesto, di una storia d’uso, di un’intenzione.

Nel marketing digitale, tutto questo ha un risvolto concreto.

Prendi parole come “inclusione”, “green”, “sicurezza”: ogni keyword di questo tipo racchiude un concetto, ma anche un posizionamento, un’aspettativa sociale, a volte una potenziale ambiguità. Comprenderne le implicazioni – linguistiche, simboliche, persuasive – richiede più di un’analisi SEO: richiede sensibilità culturale, ascolto, osservazione dei segnali deboli.

Anche la parola “keyword” stessa è cambiata. In origine era un’espressione legata all’indicizzazione dei documenti nei sistemi informativi. Poi è diventata un elemento portante della SEO. Oggi è una scorciatoia concettuale che usiamo per parlare di “focalizzazione”, “ottimizzazione”, “segmentazione”.

Ma chi lavora sulla comunicazione sa che ogni keyword porta con sé un effetto: apre possibilità, ma può anche chiudere interpretazioni.

Saper maneggiare le parole con attenzione oggi non è solo un vantaggio competitivo. È un atto consapevole di progettazione linguistica.

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